Visioni europee di Gabriele Adinolfi
Autore: Olav Torheim
Translator: Jens Oprita
Gabriele Adinolfi è praticamente sconosciuto in Norvegia. Tuttavia, si è fatto un nome importante nei circoli radicali della destra europea. Insieme a Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi fu il fondatore di Terza Posizione negli anni 70, e negli anni 80 andò in esilio in Francia durante quelli che furono definiti come gli “anni di piombo”. Tornato in Italia nel ventunesimo secolo, si è affermato come teorico e ideologo nazionalista con il suo proprio Istituto, Polaris, ed è uno degli ispiratori del movimento sociale Casa Pound. Adinolfi ha ora scritto un libro sull’Europa. È un libro dal quale potrebbero trarre vantaggio tutti coloro che aspirano ad un’alternativa all’UE attuale.
“C’era una volta un’avanguardia” è il titolo della prima parte del libro. Qui Adinolfi rileva la critica che molti nazionalisti europei fanno all’UE come essendo priva di prospettive. È in netto contrasto con le visioni europee che i nazionalisti europei proposero quarant’anni fa. Quella volta era “Europa nazione” ad essserre sull’agenda politica.
“Europa nazione” era uno slogan innanzitutto presente nei circoli nazionalisti in Italia e Francia. L’idea di un’Europa unita, nasce dalla consapevolezza che tutte le grandi potenze imperiali come la Gran Bretagna, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna avevano perso le loro colonie. Si arrivò dopo a dover cambiare rotta. Le nazioni europei potevano o ridurre le loro ambizioni cedendo i loro posti agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica, lasciando quest’ultimi decidere, oppure schierarsi.
Le difese reazionarie aiutano soltanto le forze sovversive
Secondo Adinolfi, i nazionalisti in Europa passarono dall’essere un’avanguardia politica e intellettuale, ad essere forze reazionarie in favore di strutture che hanno perso la loro sostanza originale e svolto il loro ruolo. La maggior parte degli eurocritici ed euroscettici difendono lo stato nazione europeo come era prima. Gli stati nazionali e socialdemocratici e democratici cristiani negli anni 50 e 60 portavano i germi di ciò che ci ha portato ai problemi attuali.
È ben noto che l’UE soffre sia dal “deficit democratico”, con la dimensione e l’innefficienza della burocrazia, che dai gruppi di pressione influenti che mettono i politici in margine alle decisioni. Questi problemi sono già stati ben discussi in pubblico, ma si tratta solo di un problema inerente all’UE? Non parliamo piuttosto di un problema che riguarda l’insieme della democrazia liberale? Adinolfi è di questo parere. Pensa che sia farsi delle illusioni se si pensa che esso sarebbe meno presente nei paesi modellati secondo il quadro della democrazia liberale. Coloro che la pensano così, non sanno in quale modo funzioni la democrazia liberale, e come lentamente stia sfacendo tutte le strutture alternative e quelle ben fondate.
Ecco quello che sta accadendo in gran parte della lotta conservatrice di oggi. Il “conservatismo” dei nostri tempi è praticamente un liberalismo che guida con il freno a mano. Ci vuole soltanto più tempo per arrivare alla stessa situazione. Il “buon senso” della “maggior parte delle persone” come proclamano movimenti populisti, non è normalmente altro che un desiderio di frenare uno sviluppo da loro considerato troppo veloce, ma contro il quale non hanno un’alternativa credibile. Adinolfi ci apporta qualche riflessioni sulla narrazione ufficiale:
1) I nazionalisti parlano di raggrupparsi intorno alla “famiglia”, ma di quale famiglia parlano precisamente? La famiglia in quanto è diventata oggi, un “sostituto” di quella tradizionale che aveva il suo ruolo naturale nel seno di una grande famiglia, nella società clanica, e che in quel modo poteva servire da mattone per una società costruita in modo organico.
D’altra parte, il nucleo della famiglia moderna è atomizzato ed isolato dalle altre famiglie quanto il semplice cittadino nella società di consumo. Più in là, i bambini verrano portati negli asili per imparare ad essere “socievoli” anzichè rimanere isolati a casa. Sentiamo gli stessi argomenti nella stessa Norvegia sulla questione dell’assegno per figli.
2) Vediamo che i sostenitori della coscienza tradizionale stanno perdendo la narrazione sul diritto al matrimonio e l’adozione per gli omosessuali. Perché gli omosessuali non dovrebbero avere gli stessi diritti, ed usufruire delle stesse opportunità degli eterosessuali? Perché i cristiani conservatori dovrebbero immischiarsi in quello che fanno gli altri e come vivere la vite privata? Quando il matrimonio e la famiglia sono state ridotte a qualcosa appartenente alla semplice vita privata, non è altro che moralismo quando si vuole dire agli altri come vivere la propria vita. Una tale regolamentazione dettagliata rompe anche con il modello della tradizione indoeuropea dell’uomo libero che si disciplina (ciò riflette la mitologia, nella quale, contrariamente alle religioni dell’Medio oriente, non si era sempre costretti a sottomettersi ad un’autorità, e ciò sotto il rischio di pene severe). Adinolfi sostiene che il matrimonio dev’essere collocato in un contesto che lo porta al di là di un semplice tipo di contratto tra due coniugi ed individui egoisti, come à diventato oggi. Afferma che solo in quel modo ci si può ripostare ai ripetuti attachi della lobby LGBT.
E perchè non esprimere un giudizio sulla nostra Norvegia:
3) Sul tema della seconda lingua ufficiale norvegese, il Nynorsk, è stato giustamente argomentato che ha vinto in quanto riguarda la libertà a chiunque di poterlo imparare, e per le sue radici. La maggior parte di coloro che difendono l’altra forma parlata, il Bokmål, non apportano nessuna spiegazione. Perché non prendere il toro dalle corna e mettere in valore gli ideali norvegesi?
È una critica fondamentale alla democrazia liberale, che lo stato democratico si impiantata come struttura parallela che lentamente rovina le strutture che sin dall’inizio mantenevano la società – in riferimento alle tesi di Charles Maurras sul “paese formale” e sul “paese reale”. Tutto ciò che sin dall’inizio veniva considerato di valore ed importanza, viene pervertito dalla democrazia liberale per diventare tutto il contrario, cosa che oggi possiamo confermare.
Adinolfi afferma che non si fa altro che aiutare le forze della destruzione, se non si possono evidenziare altre alternative rispetto alla seconda alternativa peggiore. È questa la narrazione dell’Europa: C’ è bisogno di un’alternativa radicalmente nuova e credibile. Allo stesso modo, come nella famiglia, la nazione deve ritrovare nuovamente la sua sostanza, e può soltanto farlo in un contesto più ampio. Questo contesto più ampio è il grande destino che i popoli europei hanno in comune.
Gli stati nazionali isolati non sono un modello da riadottare
Gli stati nazionali Francia, Italia, Regno Unito e Germania non sono più i grandi poteri di prima del secondo conflitto mondiale. Il motivo non è soltanto la perdita delle colonie. Negli anni 80 arrivò la sorveglianza satellitare e negli anni 90 Internet. Si è riuscito ad accumulare il”Big Data” e fare una sorveglianza di massa delle grandi potenze su larga scala.- facendo riferimento alla sorveglianza fattasi ai governi tedeschi. Contro questo gli stati-nazione non possono fare nulla. C’ è bisogno di un contropotere a livello continentale.
Un ritorno agli stati nazionali democratici liberali può soltanto rendere l’Europa ancora più debole di oggi. Ciò facendo gli stati europei non rimarrebbero con del potere reale, ma faticherebbero con gli stessi problemi di prima – e ad un livello in cui non ci sarebbe più modo da aiutarli.
Se si dovesse giudicare l’ambito militare, il materiale militare di alta-technologia è talmente costoso che nessun paese potrebbe farcela da solo a quel passo. È necessario collaborare. A proposito della Svezia, se hanno l’intenzione di continuare a sviluppare aerei da combattimento, c’è bisogno che i paesi nordici uniscano le loro forze – piuttosto che buttare miliardi dalla finestra negli Stati Uniti come fanno oggi.
È giusto affermare che L’europa si sia sviluppata considerevolmente nell’ambito aerospaziale ed avionico. La cooperazione tra ESA, Airbus ed Eurofighter sono dei buoni esempi che gli europei possono mettersi insieme per unire le forze.
La crisi dell’euro e il flusso migratorio verso L’europa sono indicativi del fatto che c’ è qualcosa di sbagliato nel sistema dell’UE. Se si vuole uscire dal difetto prevalente, allora c’è bisogno di una visione alternativa. Gli stati nazionali possono ottenere potere e influenza solo se avviene nel quadro di un’Europa federale, è questo lo sguardo che ci apporta Adinolfi.
Le identità regionali, nazionali ed europee si rafforzano e si complementano reciprocamente
Come gli identitari, Adinolfi non crede che le identità regionali, nazionali ed europee siano delle identità in conflitto tra loro. La Germania ne è l’esempio. L’organizzazione tedesca in Bundesländer, con le loro identità e specificità, dimostra che le identità regionali non devono andare a scapito dell’identità nazionale. Al contrario, possono rafforzarsi a vicenda. Un regionalismo alla tedesca avrebbe potuto allentare numerosi conflitti e tensioni etniche come quelli a cui sono condannati la Francia e la Spagna. Finché sia l’identità etnica a trovarsi nel centro, tutte le identità troveranno il loro posto naturale nella gerarchia.
Viaggiando in Francia, si noterebbe che sin dalla rivoluzione francese, ha governato soltanto un tipo di nazionalismo unidirezionale. Questo nazionalismo di stato fu chiamato il giacobinismo. Dopo la rivoluzione francese, le antiche province furono sostituite da un numero di “departements” nei quali il confine si spostava casualmente – nelle città c’erano addirittura numeri al posto di nomi. L’alsazia ad esempio viene elencata come il departement 67 og 68. Quest’intromissione fu una politica molto consapevole di abbattere le identità locali e di imporre la cultura di Parigi su l’intero popolo.
Ora, i governi hanno recentemente diviso il paese in nuove e grandi regioni, ma queste nuove regioni sono soltanto una fusione di regioni più piccole fatto in maniera casuale. È il partito socialista dominante che ha beneficiato del potere di maggioranza per imporre nuovamente questi cambiamenti, contro i voti dell’UMP e del Front National. I governi non avrebbero ad esempio aiutato le autorità a fusionare la Bretagna ed i Paesi della Loira in un raduno di regioni bretoni, come insisteva la popolazione locale, e si ricorda che la tradizionale Alsazia di lingua tedesca era di forza stata unita con la Lorena, la Champagne e le Ardenne per una regione gigantesca senza storia come non era mai avvenuto prima. Il primo ministro Manuel Valls è andato fino a dire che “non c’è un popolo alsaziano” (Manuel Valls: “Il n’y a pas de peuple alsacien.Il n’y a qu’un seul peuple français”, dna.fr , 14 ottobre 2014). Non si trae vantaggio dalla costruzione di regioni che si collegano alla specificità storica ed etnica.
1989/1990: Ein historisk sjanse – som gjekk tapt
C’era intorno al 1989/1990 un bisogno di dimensioni storiche di avere un’Europa unita. La Germania e la Francia parlavano di creare un’unico esercito europeo. Questo non era tutto: la Russia era in realtà disposta a concedere nuovamente la Prussia orientale, ma esso fu respinto dal governo di Bonn – probabilmente per paura dalle reazioni del Regno Unito – e tutta questa vicenda si mantenne nascosta al pubblico per vent’anni. All’epoca, la Russia si trovava in una situazione di fallimento, e avrebbe volentieri concesso Königsberg (Kaliningrad). Poteva la Polonia fare la stessa cosa? Qui si potrebbe essere arrivati ad una reazione a catena di cui non si saprebbe la fine(Kjelda: “Wiedervereinigung: Moskau bot Verhandlungen über Ostpreußen an”, Der Spiegel 21.05.2010). In quel momento, la CDU non aveva ancora approvato la linea Oder-Neisse.Facendo riferimento allo Schlesiertreffen nel settembre 1989 dove si espresse il leader della CSU, Theo Waigel , su un argomento che nessun membro della NPD avrebbe oggi osato esprimere oggi:
“Con la resa della Wehrmacht tedesca, l’8 maggio 1945, l’impero tedesco non crollò. Non esiste legge internazionale che separi le parti situati nell’est dal resto dell’impero tedesco. […] Il nostro obiettivo politico è e rimarrà di fare sì che la Germania possa mantenere la sua autosufficienza da poter sviluppare il suo stato.”
Un’Europa unita, nella quale una Germania unita rapresenterebbe la forza motrice sia politica che economica? Sarebbe stato troppo bello per essere vero. La Repubblica federale fu invece annessa nella NATO della Repubblica federale. Un paio di decenni dopo, la Francia si reintegrò nella NATO nuovamente. Quando gli Stati Uniti cercano di far entrare la Turchia nell’Unione europea, è perchè non vogliono un’Europa “europea”. Hanno paura di ciò che una sola Europa possa riuscire a fare. Un’Europa che si unisca su una base diversa da quella pura economica.
Fiaccola: l’UE non è antidemocratica, al contrario, è troppo democratica
l’Unione europea è stata criticata per essere troppo antidemocratica. Adinolfi mette tutto ciò sottosopra: il problema fondamentale è che l’UE è troppo democratica. Ci sono ministri dei diversi paesi che radunano intorno ad un tavolo per prendere delle decisioni, al massimo possono prendere una decisione avendo una maggioranza.
Ciò facendo, l’UE non presenta nessun’autorità politica – e sono state le commissioni burocratiche ad elaborare leggi e regolamenti che i ministri devono discutere . Dato che la Commissione europea non presenta nessun’ autorità politica della quale sarebbe responsabile, diventa una preda vulnerabile a tutti tipi di gruppi di pressione potenti economicamente. La Banca centrale europea può soltanto emettere l’8% dell’euro – secondo Adinolfi dovrebbe poter farlo tutto. Sono le banche nazionali dei diversi paesi che possiedono la banca centrale, ma la maggior parte delle banche nazionali sono al di fuori del controllo politico. La banca centrale italiana fu privatizzata nel 1981. Adinolfi sostiene che non è un ritorno antidemocratico alle banche nazionali che è necessario, ma un vero controllo politico sulla Banca centrale europea. Le assemblee nazionali nei vari paesi potrebbero ad esempio scegliere direttamente i rappresentanti, in città, anzichché le banche centrali. Inoltre, la banca centrale dovrebbe fissarsi più obiettivi rispetto alla pura stabilità valutaria. La crescita economica e il livellamento sociale sono altrettanto importanti.
La nuova Europa non si può creare da sola
Lo strumento di livellamento che l’Unione europea oggi rappresenta, e che non è disegnato per altro che la supervisione finanziaria, dev’essere cambiato per uno strumento organico. In uno strumento che dia la forza europea agli europei a tutti i livelli – piuttosto che spianare e distruggere.
Gabriele Adinolfi sa che le visioni che propone sono lontane da ciò che la maggior parte della gente pensa sia oggi possibile. Senza visioni radicali non è possibile cambiare rotta.
Nessuna reazione ha mai avuto successo senza un cambiamento di potere fondamentale. Il fatto è che tutti i problemi che abbiamo con l’UE, li abbiamo a livello nazionale. Smantellare l’UE significa ritrovarsi con gli stessi problemi ad un livello nel quale si è ancora più impotenti. “Il nazionalismo in un paese” non porta da nessuna parte, significherebbe solo dare la leadership sul mondo agli Stati Uniti, la Russia e la Cina.
È chiaro, che i singoli stati possono piuttosto scegliere di “collaborare” su compiti che riguarderebbero ognuno di loro intorno ad una sorta di tavolo, dove i ministri discutono e prendono decisioni in comune, mentre le commissioni e le agenzie pianificano e fanno i compiti dettagliati – ma in quel caso saremmo praticamente dove l’UE si trova oggi (È la stessa cosa che vediamo in Norvegia in miniatura, con le grandi compagnie intercomunali che vivono la propria vita al di fuori del controllo politico).
Adinolfi non ci dice di diventarre lobbisti dell’UE, ma piuttosto il contrario: sostiene che si devono costruire delle contromisure all’attuale sistema europeo. Ciò deve avvenire da zero, e dev’essere a livello europeo.
Molti partiti e movimenti nazionalisti si presentano alle elezioni avendo un buon programma. Inoltre, sono in grado di giocare sull’insoddisfazione generale nell’opinione pubblica ed allo stesso tempo ottenere buoni risulati elettorali. Il problema è che si ferma sempre lì: c’è un limite a quello che si può raggiungere nell’ambito parlamentare, e le persone prima o poi ci vanno incontro quando vedono che nulla avviene. Finiscono nel nulla senza aver sfruttato il caos sociale che li avrebbe potuto dare l’appoggio necessario per avanzare.
Quello che ci vuole, è costruire la base sociale che ci permetta di posizionarci e così poter mettere le idea all’opera. Ci si deve lavorare sia politicamente che metapoliticamente per mettere in piede un contropotere che in un secondo tempo possa confrontare le forze europeiste oggi in vigore. Progetti sociali come la Casa Pound Italiana è solo una di tante iniziate di quel genere. Tramite Casa Pound si cerca di trovare il necessario e che il potere si nega di dare, come occupare palazzi per dare un tetto ai poveri. Fare azioni concrete che facciano vedere alle persone che ci porta dei frutti, anzichè protestare e chiedere ai politici di fare qualcosa. Adinolfi ci apporta anche l’esempio della Chrysi Avgi in Grecia. Hanno tratto vantaggio dai buoni risultati elettorali per mettere in piede strutture destinate ai contadini. Dei parlamentari hanno anche aperto dei supermercati per i poveri dove i più bisognosi possono trovare i prodotti necessari per le loro case. In più, hanno organizzato ”gruppi ambulanti” che si spostano per aiuatare dove ci siano problemi.
Numerosi europei si ritrovano ad avere problemi con l’immigrazione di massa da vicino, sopratutto coloro che appartengono alle classi sociali di basso reddito, che si vedono a convivere con una nuova classe che viene sfruttata a bassi costi. Il senso dell’identità e della cultura perdute si fanno sentire e qui è necessario costruire alleanze sia sociali che oltre i confini nazionali. Adinolfi pensa a diversi tipi di iniziative e campagne ai quali i nazionalisti possono dare inizio in tutta Europa, su temi che vanno oltre le “solite” questioni nazionali. La stessa lotta contro l’industria farmaceutica che condanna le persone a prendere vaccini innecessari. Adinolfi propone anche d’iniziare una campagna che promuova l’intera Europa per una nazionalizzazione delle risorse naturali, che sono state vendute alle multinazionali. Qui si tratta di una questione che ci riguarda tutti allo stesso modo, e in tael caso, dobbiamo portare l’opposizione allo stesso livello europeo.
La nuova Europa dev’essere creata da zero, e i nazionalisti devono essere i leader in questo lavoro – perché non c’è nessun altro che possa fare questo lavoro al posto nostro, sottolinea Adinolfi.
Alla fine del libro, Adinolfi presenta alcuni pensieri su una sorta di sindacalismo per le varie industrie e regioni in Europa. Propone anche idee su un senato europeo – e su una disintegrazione in vari tipi di regioni culturali e commerciali che dovrebbero corrispondere alle varie mentalità europee. Sogna di un’impero europeo, con degli stati, delle regioni e delle comunità nazionali che lavorano liberamente all’interno del governo federale. Eppure, a mio avviso, è un po ‘troppo diffuso la rigida struttura di potere che immagina per una nuova Europa – e come possono queste nuove strutture assicurare che il popolo europeo possa ancora una volta prendere il destino nelle proprie mani. In ogni caso, Adinolfi ha chiarito sulle debolezze sia dello stato nazione che dell’attuale UE, e ha apportato un buon punto di partenza per gli scambi che devono essere affrontati dai nazionalisti e dai critici dell’UE su cosa in realtà dovrebbe essere la nostra alternativa.
O. Torheim
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