Le ultime analisi del Cremlino sorprendentemente simili alle nostre
Al Cremlino leggono noreporter? Probabilmente no e il fatto che l’analisi russa più recente conforti le tesi qui espresse ormai da anni non può che essere incoraggiante. Di cosa parliamo esattamente?
Del Consiglio russo di affari internazionali (RIAC), considerato il principale think tank nazionale a supporto della politica estera e tribuna del ministro degli esteri Lavrov.
Ebbene cosa dice oggi questo think tank?
L’uomo che ne guida programmi e progetti, professore all’Università del Ministero degli Esteri dove si formano i diplomatici, Ivan Timofeev, pur con una retorica istituzionale e nazionalista, ha tracciato la linea che Mosca dovrebbe tenere nell’immediato futuro ed è strabiliante quanto l’analisi, sicuramente scientifica e circostanziata, confermi le nostre intuizioni.
Tre tendenze principali
Timofeev richiama l’attenzione su tre tendenze di cui Mosca dovrà tenere conto. In primis c’è una forte pressione esterna da sostenere, ma a questa si sommano i focolai interni che crescono per gli irrisolti problemi economici e sociali che sono l’endemico lascito della storia russa. Il tutto rischia di essere aggravato dal “segno dell’epoca”, ovvero “dalla rottura dell’ordine e dalla maggiore imprevedibilità delle relazioni internazionali”. Si noti, en passant, che la rottura dell’ordine impressa da Trump e la maggiore imprevedibilità che ne consegue sono viste come elementi di preoccupazione, a comprova del fatto che la carota di Yalta 2 sventolata da Obama rendeva i russi più tranquilli.
E quel che segue all’enumerazione delle tre tendenze è ancora più interessante perché corrisponde esattamente a quanto sosteniamo da tempo. Il think-tanker del Cremlino ammonisce che le capacità diplomatiche e militari da sole non possono reggere la sfida, ma che l’arretratezza economica e tecnologica della Russia ne può mettere a rischio la sicurezza e la sovranità.
Rivolgersi di nuovo all’Europa
La relazione di Timofeev si fa ancor più interessante quando passa alle proposte e alle condizioni di cui Mosca dovrebbe approfittare. In primo luogo rimarca la diversa prospettiva tra Usa e Ue sia nei confronti della Russia che nel campo internazionale nel suo insieme e invita ad approfittare della divisione nel campo occidentale, quella di cui si sono accorti tutti tranne i nostri che proprio non ce la fanno a non interpretare il reale senza avere almeno vent’anni di ritardo sulla realtà.
Che la Russia abbia la necessità di comporre con l’Europa è lapalissiano, e se Obama era riuscito a spezzare l’intesa prodotta dalla politica di Bush jr, Trump è riuscito per ora a costringere entrambi i soggetti a rivedere le posizioni, forse per tornare al felice idillio 2001-08.
Che un gigante militare ma nano economico e un gigante economico ma nano militare debbano a tutti i costi intendersi per non venire schiacciati da Usa e Cina, che sono giganti su ambo i piani, è evidente. Timofeev infatti ricorda non a caso che la principale carta politica russa nelle trattative è il nucleare.
Infine, confermando ulteriormente le nostre conclusioni, pur esaltando il “pivot a Est” realizzato da Putin in direzione asiatica, fa notare: “Siamo obbligati a rivolgerci ad Est da posizioni di debolezza economica e con scarse possibilità di dettare le regole del gioco”. Che, detto altrimenti, significa che in queste condizioni i russi, se cooperano con la Cina, ne sono fagocitati. Insomma, contrordine, si deve guardare all’Europa!
Quali possibilità
In conclusione possiamo registrare che da ambo i poli, l’europeo e il russo, dopo la lunga parentesi dei due mandati di Obama, riparte una reciproca attrazione dettata, se non altro, dallo stato di necessità.
Di qui a riprendere la linea abbandonata quasi dieci anni fa, quella che alcuni avevano definito asse Parigi-Berlino-Mosca, ce ne passa. Innanzitutto perché il Cfr americano ha esplicitamente definito l’intesa russo-tedesca come il maggior pericolo per gli interessi americani, poi perché nell’est europeo vige la sfida tra l’influenza tedesca, che è per l’intesa, e quella britannica che intende farla saltare, non tanto di per sé quanto perché le posizioni intransigenti consentono agli apparati inglesi d’impugnare vasti ambienti est-europei sottraendoli alla diplomazia germanica con la quale si contendono lo spazio tra il Baltico e il Mar Nero.
A questo si aggiungono il sentimento e l’atteggiamento russi che sono percepiti dagli ex sudditi come un malcelato desiderio di annessione e di resa in schiavitù. Visto come le cose sono andate per sette decenni e quanto sono costate alle genti dell’est, è impossibile che la percezione dei popoli limitrofi muti, anche perché in troppi dal lato russo non fanno mistero del fatto che li considerino roba loro. E pretendere che tutti quei popoli ci passino su per interessi “geopolitici” non solo è irresponsabilmente egoistico e ingrato. ma è improponibile.
Soltanto la presa d’atto di necessità vitali, come quelle indicate da Timofeev, potranno permettere di superare questo macigno, per il quale sarà però necessario un filtro diplomatico e di garanzia che dev’essere fornito in larga misura dal mondo renano.
Così garantite e supportate, nel tempo, le relazioni tra antichi invasori e dominatori da una parte e antichi sottomessi e sfruttati dall’altra, si potranno normalizzare fino alla reciproca cooperazione che si può pensare di realizzare in forma graduale. Ma serve uno sforzo non da poco che non servirà a nulla e a nessuno accantonare aggrappandosi all’alibi delle manovre americane. Ogni ritardo in quella direzione è suicida.